Intervista con “LePuc” in occasione del suo primo disco IO SECONDO WOODY

Un ragazzo con le idee chiare che porta avanti le sue passioni la musica e i suoi studi di giurisprudenza, ma Giacomo Palombino e LePuc, come lui stesso ci racconta in quest’intervista sono due persone diverse una immersa tra gli esami universitari, l’altra indossa un cappello e con la sua chitarra ci racconta storie ispirate a chi sente il desiderio di cambiare, di voltare pagina, di correre il rischio senza voltarsi. “Io Secondo Woody” sottolinea proprio la differenza tra questi due personaggi immedesimati nella stessa persona.

E ora conosciamo meglio il cantautore dietro questo disco di tante sfumature: Intervista con Giacomo Palombino, in arte “LePuc”

Dopo la laurea in Giurisprudenza hai iniziato a esibirti con la tua musica in Spagna, non hai pensato al praticantato? E’ qualcosa che riprenderai dopo oppure la tua carriera musicale viene prima?

In realtà sono due strade che proseguono parallelamente. Quell’ultimo anno di Università trascorso in Spagna mi ha regalato un altro punto vista sulle cose, senza però costringermi a una scelta. Giacomo e LePuc sono due persone diverse. Il primo si è laureato in Giurisprudenza e studia per il concorso in magistratura, il secondo indossa un cappello e racconta storie con una chitarra. Così come il mondo, anche la vita è bella perché è varia!

La tua famiglia e amici sono d’accordo con la tua scelta artistica?

È inevitabile, mettendo il naso fuori dalle strade “ordinarie”, che si comincino a nutrire dei dubbi. Il mondo dell’arte (permettimi di definirlo così) è una scatola oscura, che a volte sembra vuota e altre volte piena di sorprese in continuo divenire. Scegliere di poggiare un piede in questa direzione può sembrare rischioso. Ma ormai LePuc è uno di famiglia!

I cantanti nella propria carriera musicale alcune volte scelgono il proprio nome altre volte scelgono un nome d’arte. Tu hai scelto “LePuc” che esordisce sui palchi di Salamanca, ma precisamente come nasce? Da dove l’ispirazione per un nome d’arte così particolare?

La prima ragione per la quale ho scelto di darmi un nome d’arte è molto semplice: “Giacomo Palombino” lo trovavo troppo lungo. Il nome “LePuc” è arrivato all’improvviso grazie a Koji, un poeta giapponese che presentava uno degli open mic dove mi esibivo quando vivevo in Spagna. Per scherzare, leggendo “Giacomo” sulla lista dei partecipanti, mi chiamava sul palco utilizzando i cognomi di due celebri omonimi: Leopardi e Puccini. Da “Le” di “Leopardi” e “Puc” di “Puccini” esce fuori il mio “nuovo” nome.

Parliamo del tuo primo disco come cantautore “Io secondo Woody”. Raccontaci come nasce il nome di questo album e le canzoni di cosa trattano?

L’idea che sta alla base di questo titolo è quella di raccontare delle storie dal punto di vista di qualcun altro. In realtà, ancor prima che riferirsi alle canzoni, “Io secondo Woody” si riferisce a chi le canta. LePuc diventa così un personaggio di fantasia, quasi un fumetto o il protagonista di un film. È un espediente che ho trovato per cercare di dire varie cose, ma principalmente per sottolineare quanto Giacomo e LePuc non siano la stessa persona. Il disco, d’altra parte, parla proprio del cambiamento: della paura di cambiare, della voglia di cambiare, del rischio di cambiare. Racconta una trasformazione, che a volte si vive in prima persona, altre volte si scopre negli altri.

“Camilla non ci ucciderà” è il singolo estratto dal tuo disco. Ha un’impronta che ricorda i tuoi anni passati tra i banchi universitari?

In parte sì. In effetti la protagonista della canzone è una studentessa universitaria che si trova a dover fare i conti con la vita da fuorisede. In effetti, il brano racconta degli stati d’animo di Camilla dal punto di vista dei suoi coinquilini. È una ragazza chiaramente difficile (il titolo lo lascia intendere?) ma nel corso della storia chi la circonda impara a conoscerla. Il video, che uscirà a breve per la regia di Stefano Romano, racconterà meglio di me questa storia.

Il disco “Io Secondo Woody” conta diverse collaborazioni, hai curato ogni minimo dettaglio del tuo progetto?

Diciamo che sono stato attento a curare alcuni dettagli cui tenevo particolarmente. Fra gli altri, per esempio, la voce di mia madre che risponde al telefono nel brano “Il mio amico Fausto”. Le collaborazioni sono state sicuramente un modo per arricchire il contenuto e la veste di queste canzoni; le trovo tanto importanti nell’economia del disco da non considerarle dei semplici dettagli. Oltre i tanti musicisti che hanno messo le mani al servizio degli arrangiamenti, si leggono due nomi, in particolare, accanto al mio: quello di Roberto Ormanni, l’amico che mi accompagna in questo viaggio fatto di canzoni e senza il quale non avrei mai portato a termine il testo di “Un bastone”, canzone che abbiamo scritto a due mani; quello di Federica Vezzo, che con la sua voce ha valorizzato un brano che da solo non avrei saputo raccontare.

E dopo questo disco?

Adesso si pensa a suonare. Ho tanta voglia di farlo e di portare il progetto in giro. Sarò in viaggio per lo stivale con la mia chitarra e questa è la prima ragione che mi spinge a scrivere canzoni: incrociare facce nuove e raccontare le storie contenute in questo disco.

Per concludere l’intervista, un messaggio per coloro che seguono la tua carriera e credono nel tuo percorso musicale?

Non posso fare altro che ringraziare tutti gli amici che seguono i racconti di LePuc. “Io secondo Woody” è di tutte le persone che hanno tirato fuori qualcosa di buono dal cappello che porto sulla testa!

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