Intervista con PAOLO GIANOLIO: in occasione dell’uscita del suo nuovo album “Euritmia”

Euritmia di Paolo Gianolio, è un progetto musicale che cerca di orientarsi verso i ritmi della natura traendone ispirazione. La vena compositiva dell’autore, a differenza dei due precedenti lavori, lo porta a scoprire e sperimentare due nuovi strumenti: la voce e le parole.  “Euritmia” contiene nove brani di cui cinque cantati con parole che evidenziano la sua personalità e fantasia, oltre a quattro brani strumentali che rappresentano l’evoluzione della musica nella sua esistenza. L’insieme di strumenti classici d’orchestra, elettronici e software musicali, portano Paolo Gianolio a un lavoro che cerca di unire sonorità di diverse etnie e di fonderne il valore, pur mantenendo il rispetto per esse.

In questa occasione l’abbiamo intervistato per sapere qualcosa di più del suo recente album, la sua carriera, la sua musica…

INTERVISTA CON “PAOLO GIANOLIO”

“Euritmia” è il suo nuovo progetto, ci racconta qualcosa di più di questo progetto. Com’è nato e in quale ambiente?

A differenza dei due precedenti lavori prettamente strumentali “Pane e Nuvole” e “Tribù di Note”, Euritmia nasce con due strumenti nuovi per me: le parole e la voce. L’album contiene nove brani, cinque cantati e quattro strumentali. Il canto e la parola offrono la possibilità di esprimere in modo profondo i tuoi pensieri, ho sentito l’esigenza di ricercare nuove sonorità scrivendo testi che mi rappresentassero. L’unione della melodia unita alle parole completano in modo esplicito il sentimento che proviene dall’anima, l’opportunità, oltre a mettersi in gioco, di creare immagini che incuriosiscano chi ascolta eccita l’istinto che si mette al lavoro e diviene produttivo. Nasce così il quadro che darà l’impronta al disco, come il disegno acquerello di copertina eseguito dall’amico e pittore Mauro Marinelli.

Che ne pensa del livello di insegnamento della musica in Italia oggi?

Credo che, al momento attuale, la crisi dipenda più da chi vuole imparare musica e seguire la strada da professionista. I bravi insegnanti ci sono ma la musica in generale non viene presa troppo sul serio da chi pretende la tecnica istantanea per poter solo dimostrare di saper maneggiare uno strumento, ciò non porta assolutamente a nulla se non c’è un seguito, un obiettivo da perseguire. Io credo, come altri paesi dimostrano, che la musica faccia parte della nostra vita e come tale va rispettata, chi volesse conoscerla ed essere accettato da essa ascolti quello che ha da dirci.

Condivide con noi qualche consiglio per i musici che vogliono iniziare nel mondo della musica?

Iniziare qualcosa richiede illuminazione e la musica ne è la prova. La cosa più importante credo sia capire il proprio valore e avere l’umiltà o il coraggio di fermarsi o proseguire. La musica è una cosa seria che richiede studio e sacrificio e non ha traguardi a breve termine, non è possibile bruciare tappe e ottenere buoni risultati. Io ho sempre immaginato che il carattere e la personalità siano il traino o il “treno” che sfreccia sulle rotaie della nostra esistenza e le stazioni dove fermarsi siano decise da essi, insomma, la curiosità e l’immaginazione ne diventano il carburante. Studiare con concentrazione e metodicamente, il risultato è la cosa ultima che va perseguita perché viene da sé.

Che ne pensa degli artisti che approfittano delle nuove tecnologie per promuovere la propria carriera?

La tecnologia non aiuta chi non ha idee, un progetto in qualsiasi campo compresa la musica, inizia sempre da un’idea che poi viene sviluppata tramite “arnesi” che si hanno a disposizione. Basta ascoltare un vecchio disco inciso che so… da Louis Armstrong e accorgersi che, nonostante sia registrato con qualità allora scadente, quello che conta è il prezioso contenuto del linguaggio della tromba di Armstrong. Sarebbe come leggere La Divina Commedia scritta su carta scadente, è l’idea, il contenuto quello che rimane e così per la musica. La tecnologia deve essere a disposizione per sviluppare la creatività che già è in noi, approfittarne, senza poi neanche conoscerla, non porta a nulla. La propria carriera deve fondarsi sulla storia della propria vita raccontata attraverso le note.

Qual è la cosa più eccitante che ha vissuto nella sua carriera musicale?

Credo che collaborare con grandi artisti, seguirli e suonare con essi durante i tour sia la cosa più bella che esista. Salire su un palco davanti a tante persone di porta in una dimensione ancestrale dove il sangue che ti scorre nelle vene prende velocità e ti galvanizza la mente che risponde alla velocità della luce agli stimoli che nascono a ogni secondo. Entusiasmante.

Nonostante la sua lunga traiettoria, crede che ci siano cose nuove da imparare? Quali sarebbero?

La curiosità che nasce da ognuno di noi è la motrice che porta alla conoscenza. Le cose nuove da imparare non terminano mai perché sono frutto che cresce nell’orto della nostra fantasia e siamo noi che lo annaffiamo.

Per finire, qual è la cosa che le piace di più di essere musicista?

Essere musicista significa per me seguire la scia della musica, farne parte attivamente ed esserne coinvolti emotivamente. Il momento che preferisco è non accorgersi del tempo che passa quando sei concentrato.

 

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